Apollo del Belvedere


L’Apollo del Belvedere è una copia romana del II secolo d.C. di un originale in bronzo del IV secolo a.C. L’originale è attribuito allo scultore greco Leochares, uno degli artisti che lavorarono al mausoleo di Alicarnasso, opera monumento collocata tra le sette meraviglie del mondo antico. La statua venne ritrovata ad Anzio, cittadina sul mar Tirreno a una cinquantina di chilometri da Roma, alla fine del XV secolo. Dopo il ritrovamento l’opera finì nella collezione del cardinale Giuliano della Rovere che, una volta diventato papa col nome di Giulio II nel 1503, la portò con sé per esporla nel cortile del Belvedere in Vaticano. La scultura rappresenta Apollo, dio del sole e delle arti, in una posa di grande solidità, armato di arco, simbolo e strumento della sua potenza vendicatrice. La statua che vediamo oggi però non è proprio del tutto originale. Giovanni Angelo da Montorsoli, un religioso scultore e architetto, la restaurò nel 1532 aggiungendo gli avambracci e le mani che in realtà mancavano. Questo intervento, un po’ forzato, venne rimosso nel 1924 per poi essere ripristinato nel 1999, testimoniando come i gusti in fatto di restauri spesso cambiano nel corso della storia. L’opera fu creduta un originale greco fino a tutto il Settecento. Lo storico dell’arte tedesco Winckelmann vi riconobbe personificato “il più alto ideale dell’arte fra tutte le opere antiche”. Winckelmann pensò che la mancata realizzazione nella scultura delle vene e dei tendini fosse il segno di uno spirito divino.